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A Varese Sandro Donati paladino antidoping

A Varese Sandro Donati paladino antidoping

VARESE – In una sala gremita e partecipe, quella della parrocchia Kolbe di Varese, si è tenuto lunedì 25 gennaio l’incontro con il professor Alessandro Donati, all’interno del corso allenatori del Csi Varese. Ignoranza, approssimazione, mediocrità: sono state queste alcune delle milioni di parole utilizzate da Alessandro Donati, per esprimere, per ribadire con forza, un unico concetto: no al doping! Dopo l’accoglienza iniziale del presidente del CSI varesino Redento Colletto, il “fiume in piena” ha preso avvio, mettendo subito in chiaro: «Sarebbe troppo semplice considerare doping solo le sostanze vietate, l’abuso di farmaci come ad esempio antidolorifici, è a sua volta doping, ed è facile cascare in queste operazioni anche perché nella società di oggi c’è un marketing che ti spinge a farlo». In che senso? «Nel senso che – continua Donati – le industrie farmaceutiche producono per vendere, per commercializzare i propri prodotti e guadagnare il più possibile, questo è il loro unico intento, non si preoccupano certo delle conseguenze; a tutto ciò si aggiungono le false promesse, dette da allenatori che fanno credere ai propri atleti di poter andare più forte con queste scorciatoie».

Da qui non è mancato un esempio riconducibile al calcio, quello di Gabriel Omar Batistuta, giocatore convinto da Damiano Tommasi a rilasciare un’intervista scioccante. «È riuscito – ha ricordato Donati – a rompere il silenzio, a guardare i giovani in faccia e a dire loro di non doparsi, perché ad oggi preferirebbe farsi amputare le gambe piuttosto che continuare a soffrire come sta facendo». Poi il caso Schwazer e la sfida coraggiosissima accettata per aiutarlo a rinascere: «Mi sono documentato – ha detto su tutto il suo capitolo e ancora una volta mi sono reso conto del sistema deplorevole che aveva intorno, nonché della sua depressione – ha dichiarato il relatore, aggiungendo – mi ha guardato negli occhi e mi ha detto che non voleva chiudere così la sua carriera, facendomi stabilire il metodo di controllo, e ad oggi dopo 21 test in 6 mesi i suoi valori sono perfettamente lineari».

Secondo Donati il vero problema in Italia è proprio questo sistema, facile da eludere e gestito senza coscienza alcuna.
E allora perché combattere per qualcosa che nasce da così lontano e che continua a far registrare casi sconcertanti? «Guai a pensare di non farlo: trentanni fa il doping veniva negato, ad oggi qualcosa è stato fatto, i miglioramenti sono stati lenti ma qualcosa si è mosso, mai smettere di lottare». Infine il Csi: un’associazione che ha capito che lo sport non è solo “contrarre” i muscoli, ma anche e soprattutto un sistema educativo in cui far crescere bambini secondo le molteplici attività sportive, senza mai smettere di insegnare loro a giocare.

L’autore - Chi è Redazione

Settimanale d'informazione del Centro Sportivo Italiano Comitato di Ravenna

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